Esco

Esco, le società che fanno risparmiare sulla bolletta


Chi sono e come operano le imprese che curano l’efficienza energetica di un edificio. Guadagnano solo a traguardo raggiunto


È un mondo variegato e dai confini molto labili, quello delle Esco: c'è incertezza sui numeri, ma anche sulla definizione stessa. I tipi di contratto sono spesso molto diversi e in Europa ogni Paese ha una regolamentazione differente.
Le Energy saving company (da qui l'acronimo Esco) sono società che studiano, realizzano ed eventualmente gestiscono interventi per ridurre i consumi energetici per conto di aziende, enti pubblici o privati cittadini.
«Ma ciò che in tutto il mondo contraddistingue una Esco - spiega Gianfranco Graziotti, presidente di Assoesco - è il rischio che si assume quando avvia un intervento».
Tali società, infatti, guadagnano soltanto se i loro servizi funzionano, ovvero se permettono di migliorare l'efficienza energetica di un edificio e dunque di risparmiare sui costi della bolletta.
Le Esco anticipano i soldi dell'intervento e guadagnano sull'effettivo risparmio ottenuto, sia nel caso in cui mantengano la gestione dell'impianto e assumano la fornitura dell'energia, sia nel caso in cui le apparecchiature siano invece curate dai clienti (in questo caso il risparmio sulla bolletta viene diviso tra i due soggetti).
Nate negli Stati Uniti dopo la crisi energetica degli anni Settanta, le Esco non hanno ancora trovato in Europa un riconoscimento ufficiale, dato che non esiste una regolamentazione unitaria.

Definizione e statuto
Tanta varietà nelle definizioni e nei tipi di contratto rende difficile stabilire il numero di Esco presenti in Italia.
Una definizione “larga” tiene conto di tutte le società che hanno richiesto all'Authority per l'energia elettrica i “Certificati bianchi” con cui è premiato il risparmio energetico. I protagonisti della nostra tavola rotonda hanno esposto alcune cifre.
Queste dicono che le società accreditate sono quasi un migliaio, ma soltanto cinquanta parteciperebbero effettivamente alla Borsa termica. E di queste, appena 25 sono iscritte ad Assoesco.
Lo statuto dell'associazione, nata nel luglio 2005 in seguito all'introduzione del mercato elettrico nel nostro Paese, mette al centro il concetto del rischio (vedi anche Energia24 n. 1 pag. 33). Per essere considerati soci fondatori o ordinari occorre infatti (secondo l'articolo 5 dello statuto) che le aziende “svolgano attività tipica di Esco nel settore del risparmio energetico e delle fonti energetiche rinnovabili, ovvero facciano progettazione, realizzazione e assunzione del rischio del mancato risparmio a proprio carico”.

In effetti una normativa non c'è...
Non c'è una regolamentazione europea unitaria per le Esco.
L'Italia è, anzi, piuttosto all'avanguardia rispetto ad altri Paesi, sebbene rimangano ancora alcune criticità, legate soprattutto all'accesso ai finanziamenti. Durante un'apposita tavola rotonda organizzata da Energia 24 con i manager delle Esco è più volte emerso che le leggi che trattano questioni di risparmio energetico prevedono in effetti che, tra le figure accreditate a fare i sopralluoghi e i progetti per gli interventi, vi siano le Energy saving company. Ma la mancanza di incentivi statali o di direttive precise rende più difficile il loro operato.

I rapporti con la PA
Diversa è la questione per quanto riguarda i rapporti con la Pubblica amministrazione, resi più semplici dall'articolo 6-bis della legge 125/2007 che precisa: «Al fine di favorire la liberalizzazione del mercato dell'energia e lo sviluppo del mercato dei servizi energetici, con propri regolamenti il ministro dello Sviluppo economico, di concerto con il ministro dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare, semplifica le procedure per l'accesso da parte delle Pubbliche amministrazioni a finanziamento tramite terzi e ne favorisce il ricorso a servizi energetici volti all'efficienza energetica, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica».

Come operare tra pubblico e privato
Sul tema dei rapporti tra Esco e amministrazioni pubbliche, i pareri dei rappresentanti delle Esco sono contrastanti: secondo Tomaselli (Heat & Power) e Bartucci (Studio Bartucci) lavorare con il pubblico è più difficile, a causa delle lentezze e complicazioni burocratiche.
Diversa l'esperienza di Gianfranco Graziotti, che con la Provincia di Viterbo e 46 Comuni del territorio ha dato vita a Esco Tuscia, che si occupa soprattutto di pubblica illuminazione e impianti termici di scuole e ospedali.
Non sempre, del resto, va meglio con i privati: se è facile lavorare, dice per esempio Tomaselli di Heat & Power, con grandi realtà come l'Ikea, sensibili anche per tradizione alle tematiche ambientali, più difficile è convincere alcuni piccoli imprenditori, spesso diffidenti ad affidare in outsourcing alcune attività della gestione aziendale e convinti che il risparmio energetico si possa “fare da sé”.

I potenziali clienti: le Pmi italiane
Le aziende che più frequentemente si rivolgono alle Esco, o dimostrano interesse per il loro servizio, sono quelle dei settori più energivori, quali, per esempio, il tessile, i produttori di vernici industriali, le tintorie, le concerie e l'industria alimentare. Ma tra i clienti delle Esco ci sono spesso anche hotel e strutture ricettive.
L'interlocutore, in azienda, è solo raramente l'energy manager, più spesso l'imprenditore stesso, oppure i responsabili degli uffici tecnico-manutentivi.

I finanziamenti
Il punto dolente del sistema Esco è la difficoltà, condivisa da tutti gli intervistati, di accedere ai finanziamenti: le banche si dimostrano spesso diffidenti o non preparate.
«Il problema si supera soltanto con gli istituti che hanno già avuto un'esperienza, positiva, con una Esco» spiega il presidente dell'associazione Gianfranco Graziotti.
Più semplice è accedere al credito quando si chiede di finanziare l'installazione di un impianto fotovoltaico, in parte grazie agli incentivi statali previsti dal “Conto energia”, in parte perché si tratta di un sistema ormai noto e diffuso.
Gli istituti principali offrono generalmente “pacchetti” ad hoc per le imprese, finalizzati a interventi di risparmio energetico. Queste banche garantiscono l'impegno a finanziare progetti di messa in efficienza energetica. Tuttavia confermano che non esistono prodotti dedicati alle Esco.
«Mancano strumenti specifici per noi - dice infatti Tomaselli - e questo è un problema che si dovrebbe risolvere a livello normativo, attraverso leggi che equiparino i contratti delle Esco a quelli dei project financing, abbattendo così i rischi per chi fornisce le risorse finanziarie».
I progetti delle Esco, conclude Tomaselli, somigliano a quelli di project financing, sebbene siano di taglio più piccolo (in media dai 100mila euro a qualche milione).

 


ESCo

Progetti di efficienza energetica
Gli interventi di efficienza energetica sono vari e molti e cambiano a seconda del campo di applicazione.

 

Grande industria:

utilizzo di motori elettrici ad alta efficienza;

impiego di dispositivi elettronici che ottimizzano l’uso di macchine e attrezzature;

cogenerazione e trigenerazione;

installazione di dispositivi a più alta efficienza per la combustione di fonti energetiche non rinnovabili;

recupero dei cascami termici dei processi industriali.


Settore terziario:

miglioramento dell’isolamento termico degli edifici;

installazione di impianti di illuminazione ad alta efficienza;

installazione di impianti di climatizzazione invernale ed estiva ad alta efficienza;

impiego di dispositivi di controllo e gestione dei carichi energetici.


Enti pubblici:

efficienza dell’impianto di pubblica illuminazione;

ottimizzazione energetica degli edifici pubblici.

cogenerazione e trigenerazione.


Domestico:

efficienza delle lampadine, elettrodomestici;

ottimizzazione energetica delle abitazioni.

cogenerazione e trigenerazione, con riferimento a grandi complessi residenziali.

 

I decreti del Luglio 2004
I decreti del 20 luglio 2004 emanati dal Ministro per le attività produttive di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio riformano profondamente la politica di promozione del risparmio energetico negli usi finali, introducendo un sistema molto innovativo anche nel panorama internazionale.

L'obiettivo che si propongono i decreti è quello di conseguire, alla fine del primo quinquennio di applicazione (2005-2009) un risparmio di energia pari a 2,9 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio (Mtep) all'anno, valore equivalente all'incremento annuo dei consumi nazionali di energia registrato nel periodo 1999-2001.

La riduzione dei consumi complessivi nazionali di energia concorrerà al conseguimento degli obiettivi di riduzione dei gas serra in relazione agli impegni assunti dall'Italia nell'ambito del Protocollo di Kyoto e porterà i seguenti benefici economici e sociali:


Diretti per i consumatori

  • la riduzione della bolletta energetica;
  • il miglioramento del servizio goduto (per esempio offrendo la possibilità di aumentare la temperatura o l'illuminazione degli ambienti o permettendo un aumento della produttività di un motore elettrico senza aumentare i consumi).

 

Collettivi:

  • la riduzione della dipendenza energetica dall'estero;
  • maggiore sicurezza di approvvigionamento;
  • la riduzione dell'inquinamento derivante dalle attività di produzione e di consumo di energia;
  • un maggior controllo dei picchi di domanda elettrica e possibilità quindi di ridurre il rischio di "blackout" e i costi connessi al verificarsi di squilibri tra consumi e capacità di offerta;
  • un aumento dell'offerta di prodotti e servizi energetici orientati all'efficienza negli usi dell'energia.


Il sistema introdotto dai decreti 20 luglio 2004 prevede che i distributori di energia elettrica e di gas naturale raggiungano annualmente determinati obblighi quantitativi di risparmio di energia primaria, per il quinquennio 2005/2009, a partire dal 1 gennaio 2005. Attualmente l'obbligo riguarda solo i distributori con più di 100.000 clienti finali al 31 dicembre 2001: successivi decreti definiranno le modalità di applicazione degli obblighi per i distributori sotto questa soglia.

Per adempiere a questi obblighi e ottenere il risparmio energetico prefissato i distributori possono attuare progetti a favore dei consumatori finali che migliorino l'efficienza energetica delle tecnologie installate o delle relative pratiche di utilizzo. I progetti possono essere realizzati direttamente, oppure tramite società controllate, o ancora attraverso società operanti nei settori dei servizi energetici (le cosiddette ESCo-energy services companies). Inoltre, al fine di assolvere a tali obblighi, i distributori possono acquistare da terzi "titoli di efficienza energetica" o "certificati bianchi" attestanti il conseguimento di risparmi energetici.

 

 

Titoli di efficienza energetica (TEE) o certificati bianchi

I titoli di efficienza energetica (TEE) o certificati bianchi sono emessi dal Gestore del mercato elettrico a favore dei soggetti (distributori, società da essi controllate e di società operanti nel settore dei servizi energetici) che hanno conseguito i risparmi energetici prefissati. L'emissione dei titoli viene effettuata sulla base di una comunicazione dell'Autorità che certifica i risparmi conseguiti. l'Autorità infatti verifica e controlla che i progetti siano stati effettivamente realizzati in conformità con le disposizioni dei decreti e delle regole attuative definite dall'Autorità stessa.
La compravendita di questi titoli avverrà tramite contratti bilaterali o in un mercato apposito istituito dal Gestore del mercato elettrico e regolato da disposizioni stabilite dal Gestore stesso d'intesa con l'Autorità.

La possibilità di scambiare titoli di efficienza energetica consente ai distributori, che incorrerebbero in costi marginali relativamente elevati per il risparmio di energia attraverso la realizzazione diretta di progetti, di acquistare titoli di efficienza energetica da quei soggetti che invece presentano costi marginali di risparmio energetico relativamente inferiori e che pertanto hanno convenienza a vendere i propri titoli sul mercato. Il meccanismo garantisce che il costo complessivo di raggiungimento degli obiettivi fissati risulti più contenuto rispetto ad uno scenario alternativo in cui ciascuno dei distributori fosse obbligato a soddisfare gli obblighi di risparmio energetico sviluppando in proprio progetti per l'uso razionale dell'energia.

I costi sostenuti dai distributori per adempiere agli obblighi di risparmio energetico potranno essere coperti attraverso risorse di varia natura: quote di partecipazione dei clienti partecipanti, finanziamenti statali, regionali, locali, comunitari, ricavi dalla vendita dei titoli di efficienza energetica. Una parte dei costi sostenuti troverà copertura attraverso le tariffe di trasporto e distribuzione dell'energia elettrica e del gas naturale in base criteri che vengono stabiliti dall'Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas.

Il mancato rispetto degli obblighi sarà sanzionato dall'Autorità, che ha il compito di verificare il conseguimento degli obiettivi di risparmio energetico controllando che ogni distributore detenga un numero di titoli di efficienza energetica equivalente a quello previsto dai decreti.


Protocollo di Kyoto

Il Protocollo di Kyoto è un trattato internazionale in materia di ambiente sottoscritto nella città giapponese l'11 dicembre 1997 da più di 160 paesi in occasione della Conferenza COP3 della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC) ed il riscaldamento globale.
È entrato in vigore il 16 febbraio 2005, dopo la ratifica da parte della Russia.

Il trattato prevede l'obbligo in capo ai paesi industrializzati di operare una drastica riduzione delle emissioni di elementi inquinanti (biossido di carbonio e altri cinque gas serra, precisamente metano, ossido di azoto, idrofluorocarburi, perfluorocarburi ed esafluoro di zolfo) in una misura non inferiore al 5,2% rispetto alle emissioni rispettivamente registrate nel 1990 (considerato come anno base), nel periodo 2008-2012.
È anche previsto lo scambio (acquisto e vendita) di quote di emissione di questi gas.

Perché il trattato potesse entrare nella pienezza di vigore si richiedeva che fosse ratificato da non meno di 55 nazioni firmatarie, e che le nazioni che lo avessero ratificato producessero almeno il 55% delle emissioni inquinanti; quest'ultima condizione è stata raggiunta solo nel novembre del 2004, quando anche la Russia ha perfezionato la sua adesione.

Nel novembre 2001 si tenne la Conferenza di Marrakech, settima sessione della Conferenza delle Parti. In questa sede 40 Paesi sottoscrissero il trattato. Due anni dopo più di 120 paesi avevano aderito, sino appunto alla detta adesione e ratifica della Russia, considerata importante poiché questo paese produce da solo il 17,6% delle emissioni.

USA ed Australia, ritenuti grandi produttori di sostanze inquinanti, non hanno sottoscritto il trattato, provocando polemiche politiche internazionali di un certo rilievo.

I paesi in via di sviluppo, al fine di non ostacolare la loro crescita economica frapponendovi oneri per essi particolarmente gravosi, non sono stati invitati a ridurre le loro emissioni.

Tra i paesi non aderenti figurano gli Stati Uniti, responsabili del 36,1% del totale delle emissioni (annuncio fatto nel marzo 2001).
In principio, il presidente Clinton aveva firmato il Protocollo durante gli ultimi mesi del suo mandato, ma George W. Bush, poco tempo dopo il suo insediamento alla Casa Bianca, ritirò l'adesione inizialmente sottoscritta dagli USA.

Alcuni stati e grandi municipalità americane, come Chicago e Los Angeles, stanno studiando la possibilità di emettere provvedimenti che permettano a livello locale di applicare il trattato, il che comunque non sarebbe un successo indifferente: basti pensare che gli stati del New England, da soli, producono tanto biossido di carbonio quanto un grande paese industrializzato europeo come la Germania.

Anche l'Australia ha annunciato che non intende aderire all'accordo, per non danneggiare il proprio sistema industriale.
Non hanno aderito neanche Croazia, Kazakistan e Monaco.